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Un taxi all’improvviso


13.05.2025 |
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"Il tassista invece si dimostrò subito molto dolce e comprensivo..."
Chiamai Luigi per farmi portare al cimitero a trovare mia nonna scomparsa da poco.Ero senza auto. Lui mi chiese di venire però come Sara e che ogni mio ordine come tale sarebbe stato allora accettato. A me non importava molto. Era crepuscolo e pertanto era facile passare inosservata.
Mi misi un body nero con nastrini che scendevano sulle gambe. Calze nere velate rette su da una guêpière sotto il body. Tacchi neri e capelli lunghi color deserto. In viso misi un rossetto e un trucco rosa acceso che mi davano un’aria più fresca e sbarazzina.
Ma sotto casa Luigi non si presentò. Al posto della sua auto c’era un taxi. Non mi accorsi del suo messaggio di scuse se non dopo.
Non volevo rimanere troppo a lungo per strada davanti casa e così entrai subito in taxi sperando di non essere cacciata come una poco di buono.
Il tassista invece si dimostrò subito molto dolce e comprensivo. Gli dissi che dovevo andare al cimitero a circa mezz’ora di distanza da casa mia.
Durante il tragitto parlammo delle nostre rispettive famiglie. Era veramente una persona perbene. Buon padre di famiglia e marito premuroso. Mi fece i complimenti per quel bouquet di fiori che avevo scelto. Era un uomo sulla cinquantina o forse più: la sua vera età era sicuramente mascherata da folti capelli corvini e peli scuri sulle braccia che risaltavano sulla sua pelle chiara.
Arrivammo a destinazione e lo ringraziai perché mi fece un prezzo forfettario invece che rispettare il tassametro. Scesi e mi fermò dicendomi: “ Senti, se sei d’accordo io ti aspetterei qui. Non conviene né a me né a te che io torni indietro e che tu richiami per un altro taxi”.
“Sì, ma quanto mi fai pagare?”.
“Tranquilla, non ti mando avanti il tassametro. Se sei d’accordo ti chiedo lo stesso prezzo dell’andata”.
“Va bene, la ringrazio! È veramente gentile. Allora a tra poco e grazia ancora!”
Scesi e mi diressi da mia nonna. Sistemai i fiori e feci una preghiera per lei.
Tornai indietro emotivamente provata. Arrivai al taxi e il signore gentile, scosso dalle mie lacrime, mi porse un fazzoletto.
Nell’usarlo solo allora mi resi conto che ero vestita e truccata come Luigi mi chiese.
Che vergogna, chissà cosa poteva pensare il tassista gentile. “Guardi, la ringrazio e sappia che in genere non vado in giro così. L’ho fatto perché me lo chiese un amico”.
“Guardi, non si deve giustificare con me, né vedo di ogni, non si preoccupi. Poi si capisce che è una ragazza molto dolce e sensibile. E mi spiace vederla piangere”.
Parlò per tutto il viaggio provando a farmi distrarre, ma le lacrime spesso scendevano da sole. Mi raccontò di quando fece scuola e di come sia sempre stato un ragazzo gentile, tanto che pensavano di lui che fosse gay. Anche le ragazze non lo prendevano molto sul serio: “Però ero un vero stallone e tutte si dovevano presto o tardi ricredere. Ho un pisello non per farmi i complimenti da solo, ma davvero bello e prestante. Fortunata mia moglie, anche se ora non ha più molto desiderio. Pazienza, siamo oramai grandi”.
Singhiozzai improvvisamente.
“Senti, non ce la faccio a vederti così. Cosa posso fare per sollevarti il morale?”
“Nulla, ci mancherebbe, è veramente gentile e non poteva capitarmi una persona migliore di lei”.
“Scusami, ho sbagliato uscita e ti sto allungando la strada. Spero tu non abbia urgenza di tornare a casa”.
“No, no. Assolutamente. Anzi, grazie per essere con me ora. L’abbraccerei”.
“Allora aspetta”. Costeggiò la macchina e si fermò.
Eravamo in una strada di una vecchia zona industriale.
Aprì la portiera di dietro e si sedette accanto a me: “Vieni qui” e mi aprì le sue braccia, calde e accoglienti. E io mi approfittai di lui. Mi feci abbracciare come se fossi sua figlia. Eravamo così in sintonia.
Sentì il suo profumo di uomo e inizii ad eccitarmi. E così iniziai a fare la gattina: a peso morto mi spingevo tra le sue braccia. Giravo la testa e cercavo di mettermi fin sopra le sue gambe. E lui, fermo, si lasciò toccare. Finché con la mia bocca non sfiorai il lobo del suo orecchio e con la mano mi appoggiai sul suo pacco. Lui a quel punto si irrigidì. “Senti, scusami, ma se continui a fare così io non ci capisco più nulla”.
“Ah sì?!? Scusami allora”, mi fermai ma con la mano continuavo ad appoggiarmi al suo pacco.
“Non resisto…” e la frase rimase interrotta mentre decise di girarmi e di baciarmi. Era forte. Sentivo la sua anima di stallone oramai sopito. E il mio desiderio ora era solo di risvegliarlo. Le sue mani mi toccarono il culo, il seno appena pronunciato, le gambe accavallate. E la sua bocca avida del mio corpo desiderava solo leccarmi e assaporare il gusto della mia pelle.
“Vuoi scoparmi?” Gli chiesi a bruciapelo.
“Oh sì, ti prego”, mi rispose mentre iniziò a spogliarsi. Il suo membro equino era pronto. Non desiderava nemmeno la mia bocca ma il suo desiderio era solo di montarmi. Di rivivere vecchie glorie oramai quasi dimenticate.
Entrò dolcemente, piano piano. Impazziva nel avermi presa. E mi trattò con dolcezza e forza.
Scopammo dentro e fuori la macchina. In ogni posizione con il suo sudore che copioso grondava su di me. Ormai era sera ma non ci importava. Il suo cellulare squillava ma lui non voleva fermarsi. Durò per qualche ora al che io chiesi pietà e produsse tanto di quel latte che il preservativo quasi scoppiò una volta mostrato.
“Grazie Sara, sei una ragazza meravigliosa”,
E mi riaccompagnò a casa salutandomi con un baciamano e senza chiedermi nessun compenso. Entrambi godemmo quel giorno di dolcezza e passione!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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